Che le scarpe da running siano il principale “strumento di lavoro” dei corridori è ovvio e da qui nascono infinite discussioni e modelli.
Scarpe da running: cosa sono e come funzionano
La calzatura è il punto di congiuntura tra il piede ed il suolo e il suo principale compito è quello di rendere più piacevole il contatto tra la cute della parte inferiore del piede ed il terreno. Di per sé, se si è perfettamente sani, allenati e giovani, si corre benissimo anche a piedi nudi perché l’essere umano non nasce calzato.
Primo elemento fondamentale della calzatura è quella di trasformare il suolo, non sempre spianato, in un qualcosa di assolutamente liscio per evitare gli aumenti di pressione dovuti a sassi od altro che possono essere fastidiosi o perfino pericolosi. Qualsiasi suola liscia dalla parte della cute del piede svolge egregiamente questo compito.
Il corridore chiede però qualcosa in più alla scarpa e cioè di trasmettere la pressione dal suolo al piede (o viceversa) senza scivolare, vista la velocità. Per questo motivo inseriamo una suola di gomma (zigrinata o scolpita) in contatto con il suolo che sia in grado sia di sopportare le flessioni del piede e della suola interna, sia di aumentare l’attrito con il terreno evitando brusche cadute.
Questa deve essere poi connessa al dorso del piede con una struttura collegata al resto della calzatura per evitare il movimento tra piede e suola. A questo punto la scarpa da corsa è completa, pronta per essere indossata.
Ma il runner chiede ancora di più: una capacità di ammortizzare la spinta che si genera a contatto con il terreno per evitare picchi di pressione, elasticità, per avere la sensazione che il piede si muova liberamente. Chiede anche reattività, per avere una restituzione dell’energia persa nell’ammortizzamento.
Tutto dipende dagli assi di forza degli arti inferiori, dovuti principalmente al ginocchio (varo o valgo), alla forma del piede (cavo, neutro o piatto) e dai muscoli. Questi ultimi danno la possibilità a qualcuno di spingere di più con la parte interna del piede e l’alluce (i cosiddetti pronatori), a differenza della maggior parte degli altri che hanno un appoggio neutro (pochi hanno un piede piatto).
Naturalmente non tutti corrono alla stessa velocità: i più lenti quasi camminano ed atterrano con il tallone avvicinandosi alla marcia (7 min /km); la media (5-6 min /km) atterra con la parte centrale del piede e spinge moderatamente con le dita, mentre i più veloci “rullano”, cioè utilizzano il piede come il cerchio di una bicicletta e atterrano con il mesopiede, ma spingono con le dita.
Scarpe running: tipologie e modelli
Combinando tutti questi dati abbiamo una molteplicità di varianti di calzature da corsa.
Solitamente le scarpe per running venivano distinte in base alla loro pesantezza e robustezza con delle sigle che andavano a A1 ad A4. Da sempre quelle più usate sono le A3 per un appoggio neutro ed A4 per i pronatori.
Per “pronatori” si intendono quei runner che tendono a spingere forzando verso il terreno con l’alluce oltre l’appoggio neutro. Questo tipo di spinta si verifica più facilmente in alcuni atleti top, in chi ha il piede piatto e nei più pesanti. Va da sé che il modello A4 è più pesante perché destinato a resistere ad una torsione dell’avampiede.
Queste categorie di scarpe runner però appartengono al passato così come appartiene al passato l’analisi del passo statico (cioè solo su un baropodometro). Oggi si tende a vedere il passo nella sua totalità e l’appoggio di conseguenza.
Quanto peso?
Per quanto possano sembrare uguali le scarpe da running sono tutte profondamente differenti, non basta cambiare il numero per avere una scarpa più robusta. Sicuramente una calzatura più grande, cioè di misura maggiore, pesa di più, ma in proporzione lo stesso modello su un numero più piccolo è più rigido perché queste vengono progettate con gli stessi materiali: la suola nella parte a contatto con il terreno ha lo stesso spessore per numeri diversi, così come non cambiano lacci e tessuto di rivestimento. Ma ovviamente il peso del runner che porta 39 può essere la metà di un amatore domenicale della corsa che porta 45.
Quindi, primo consiglio: i più “pesanti” devono utilizzare scarpe più robuste e modelli differenti, quasi sempre “A4”.
Come appoggio?
Questa è una questione di velocità. Infatti chi corre a 4 minuti al km utilizza il piede come se fosse il copertone di una bicicletta, cioè applica buona parte della spinta in avanti e utilizza come punto di appoggio prevalente la parte anteriore del piede o l’avampiede (le punte). Chi viceversa corre a 6 minuti a km atterra con la parte centrale o quasi posteriore del piede facendone risultare il movimento della corsa più vicina a una camminata veloce.
- I runner più “veloci” necessitano quindi di un modello di scarpa che abbia un ottimo grip al suolo, che trasmetta la spinta in avanti e che abbia un tallone poco ammortizzato.
- I runner più “lenti” invece, hanno bisogno di un tipo molto ammortizzato per evitare contraccolpi sulla colonna e sulle ossa, in quanto il mesopiede (o il retropiede) ammortizza di per sé di meno rispetto all’avampiede. Per questi ultimi sarà fondamentale anche il tipo di mescola dotata di migliori caratteristiche di ammortizzamento: a gel o a polveri, a cuscino d’aria o a mescole speciali.
Infine, guardando il piede sul suo asse longitudinale, alcuni appoggiano sul bordo esterno (cosiddetti “supinatori”) e hanno un piede cavo, spesso accompagnato da un ginocchio varo (ginocchia distanti da loro o “da cavaliere”). Altri hanno un piede piatto, cioè appoggiano sul bordo interno del piede (cosiddetti “pronatori”), caratteristica spesso accompagnata da un ginocchio valgo (a “X”).
Attenzione però, molti pronatori lo sono non da fermi ma nella dinamica del piede, quindi durante la corsa sviluppano la tendenza a spingere con il primo dito perché in tal modo sfruttano tutta la spinta del piede. Non a caso con il passare del tempo, alcuni runner inizialmente neutri, nel tentativo di correre di più, diventano poi pronatori. Ecco quindi la necessità di cambiare scarpe.
La forma
Il pronatore avrà un collo del piede più basso ed entrerà in quasi tutte le scarpe.
Il piede del supinatore invece, con il collo alto, entrerà solo in alcune scarpe, pena altrimenti il dover correre con le stringhe lente, snaturando la forma predisposta della scarpa.
Misura
La tendenza di quasi tutti i runner è quella di scegliere le scarpe di un numero (o più ) maggiore delle scarpe normali.
Probabilmente questa scelta è dettata dal fatto che Asics, una delle marche più diffuse, ha distribuito sul mercato italiano solo versioni “strette” delle proprie scarpe da running. Questo, unitamente alla paura di rovinare le unghie per il contatto con la scarpa, ha generalizzato una credenza e una tendenza in realtà dannosa.
Una scarpa troppo lunga infatti lascia molto spazio tra il 1° dito e la punta interna della scarpa stessa, evitando il contatto, ma lascia anche troppo libero l’avampiede di poter ruotare per mancanza di controllo tra lo stesso e la scarpa.
Un avampiede più libero tende a ruotare inevitabilmente verso la pronazione all’interno della scarpa stessa con conseguenti lievi metatarsalgie; i runner più lenti che utilizzano meno la forza delle dita nella fase finale della spinta se ne accorgono meno.
Potremmo controllare di più il piede tirando di più le stringhe ma questo può infiammare i tendini degli estensori delle dita e comunque non si riesce mai completamente nell’impresa.
Marche
Non generalizzate mai per marche e modelli.
Lo stesso modello può cambiare di forma e durezza tra un anno e l’altro in maniera importante: prendete il caso della Saucony Iso Triumph 2 che rispetto alla 1 era molto più dura e con un rinforzo interno sotto il 5° metatarso che la rendeva desupinante …viste le proteste dei runner arrivò la 3 che era di nuovo morbida e larga.
In casa Brooks ad esempio la Glycerine è una scarpa più dura e meno tollerante della Ghost con differenze sensibili tra le due.
Impossibile comprare quindi le scarpe pensando che “ho sempre usato quel modello di quella marca”.
Dissento un po’ dal comprare le scarpe su internet: bisogna considerare che per ottenere un risparmio ci si priva però della possibilità di provare le scarpe dal vivo, che spesso sembrano della stessa marca e modello, ma potendo venire da mercati differenti sono suscettibili di leggere difformità, e abbiamo visto come anche piccolissimi dettagli su uno sforzo prolungato come la corsa possono fare la differenza.
Attenzione a comprare anche lo stesso modello dello stesso anno in altre nazioni: spesso provandole vi rendete conto delle differenze. Personalmente conosco almeno 2 runner che alle prime corse si sono dolorosamente resi conto della diversità.
Conclusioni
Provate molti modelli di scarpe running e camminate nel negozio cercando di avere un appoggio al suolo il più possibile piatto. Ricordate che se una calzatura vi provoca fastidio nel negozio vi tormenterà già dopo pochi km di corsa.
E voi, amici runner, qual è la vostra opinione in merito? Condividete la vostra esperienza!